Il protocollo di Nagoya in Italia
Che cosa vuol dire miglioramento genetico
L’incremento demografico atteso entro il 2050, circa 9 miliardi di persone sul nostro pianeta, la contrazione dell’estensione delle terre arabili per via della crescente urbanizzazione e le incognite imposte dai cambiamenti climatici rappresentano sfide che già ora mettono a dura prova la capacità di tenuta del sistema agricolo mondiale il cui scopo è da sempre quello di aumentare le produzioni salvaguardando le risorse agrarie e naturali per una reale sostenibilità dell’agricoltura.
In questo complicato scenario un ruolo di primo piano è giocato dal miglioramento genetico vegetale, che ha l’obiettivo di creare nuove varietà in grado di esprimere crescenti livelli di produttività, salubrità e rusticità, cercando di adattarsi ai mutamenti climatici.
La messa a punto di una qualsiasi novità vegetale è un processo lungo e laborioso, che comincia dalla valutazione della biodiversità disponibile per arrivare, attraverso successivi perfezionamenti, ad un genotipo idoneo ad incontrare l’interesse degli agricoltori e del mercato. Tale processo, nelle migliori delle ipotesi, richiede di norma circa dieci anni, prima dell’immissione in commercio di una nuova varietà.
L’industria sementiera investe cospicue risorse, pari mediamente al 12-16 % del proprio fatturato, una cifra ben superiore a quella destinata alla ricerca e all’innovazione da altri settori industriali ad elevata specializzazione, con l’obiettivo di creare nuove varietà in grado di garantire maggiori produzioni e sviluppo sostenibile.
Per supportare questo processo innovativo non basta però solo investire, ma occorre potere accedere senza eccessive complicazioni alle risorse genetiche disponibili per valorizzarne le caratteristiche naturali, migliorandole, soddisfacendo la domanda crescente di produzioni elevate, di salubrità e di rusticità dei nuovi ritrovati, in sintesi, per garantire una competitività sostenibile al nostro sistema produttivo.
Considerazioni sul DDL nazionale di ratifica del protocollo di Nagoya
Proprio in considerazione delle caratteristiche particolari delle risorse genetiche vegetali per l’agricoltura e l’alimentazione e delle relative modalità di sfruttamento nei programmi di miglioramento genetico, il Protocollo di Nagoya ne riconosce, tra le premesse, la natura speciale e il ruolo fondamentale per l’alimentazione umana e la sicurezza alimentare.
Tali concetti sono anche i principi ispiratori del Trattato FAO che, sempre in tema di biodiversità, demanda agli Stati membri la decisione di riconoscere un regime speciale alle risorse genetiche vegetali per l’alimentazione e l’agricoltura (RGVAA), includendole nel Sistema Multilaterale di Accesso e Scambio dei Benefici derivanti dal loro utilizzo (Access and Benefit Sharing, ABS).
Nell’ambito delle RGVAA a causa della loro frequente derivazione da processi di selezione, risulta particolarmente complicato – e suscettibile di interpretazioni errate – stabilire un confine netto tra donatori e riceventi, in quanto ciascuna risorsa genetica è, al tempo stesso un prodotto finale e un passaggio intermedio, in un lungo processo di domesticazione e di miglioramento delle specie coltivate.
Da quanto si è potuto sinora apprendere, il DDL di recepimento del Protocollo di Nagoya, non sembra voler considerare l’esclusione delle RGVAA dal proprio campo di applicazione, fatta eccezione per le specie già oggi inserite nell’Annex 1 del Trattato FAO.
Ciò sarebbe invece possibile ed esplicitamente ammesso dall’art.4 del Regolamento CE 511/2014 con il quale la Comunità europea ha recepito il Protocollo di Nagoya che recita come segue: “gli utilizzatori che acquisiscono risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura (RGVAA) in un Paese che è parte contraente del protocollo di Nagoya, ma che ha stabilito che le RGVAA sotto la sua gestione e di dominio pubblico, non contenute nell’Allegato I del Trattato, sono anch’esse soggette ai termini e alle condizioni dell’accordo standard per il trasferimento di materiale per i fini specificati nel Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura…”
In assenza di una differenziazione delle RGVAA dalle altre risorse genetiche si concretizzerebbe il rischio di una paralisi della ricerca italiana nel suddetto settore, per le seguenti motivazioni:
- L’impossibilità di potere accedere liberamente a tali risorse per mancanza di specifiche esenzioni per le attività di miglioramento genetico, che è invece ammessa e sostenuta nell’ambito del Trattato FAO. Il principio della “breeders’ exemption”, stabilito in ambito UPOV risulterebbe così annullato.
- Un quadro operativo eccessivamente complesso porterebbe ad un aumento della burocrazia e alla necessità di personale qualificato all’interno delle aziende per seguire le procedure tecniche, amministrative e, come si può prevedere, legali, richieste dal Protocollo. Ciò sarebbe chiaramente alla portata solo di aziende particolarmente strutturate, che comunque si troverebbero ad operare in contesti di inaudita complessità contraria agli obiettivi di semplificazione dell’economia aziendale.
- Una forte diminuzione dell’attività di ricerca a carico delle piccole e medie aziende, che sono una importante e vitale risorsa e realtà del nostro Paese. Nella migliore delle ipotesi si assisterebbe ad una drastica riduzione dei programmi di miglioramento genetico privati se non la loro completa chiusura e lo spostamento di molte attività in alcuni Paesi UE che, al contrario, hanno già riconosciuto il valore strategico del miglioramento genetico vegetale escludendo le proprie RGVAA dagli ambiti del Protocollo di Nagoya.
- Una totale incertezza dal punto di vista legale stante il naturale prevedibile accavallamento di competenze tra il Ministro dell’Ambiente (Autorità nazionale per l’implementazione del Protocollo di Nagoya) e il Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, che già da tempo è la figura competente per l’applicazione delle RGVAA del Trattato FAO.
ASSOSEMENTI, in rappresentanza delle 170 aziende sementiere proprie associate ed ESA – European Seed Association, unanimemente chiedono che il Disegno di legge in corso di predisposizione riconosca un regime differenziato per tutte le RGVAA, attraverso una loro integrale esclusione dal regime del Protocollo di Nagoya, tranne quelle aventi una utilizzazione non agricola.