SEME CERTIFICATO O REIMPIEGO AZIENDALE: il vademecum per il cerealicoltore di Assosementi

Alla vigilia delle semine cerealicole Assosementi ricorda a tutti gli agricoltori quali sono le disposizioni oggi in vigore e gli aspetti da tenere a mente quando si desidera re-impiegare seme del proprio raccolto per successiva semina in azienda.

Il quadro legislativo che interessa le sementi è articolato, includendo aspetti che spaziano dalla fase di immissione in commercio, alle norme fitosanitarie e di sicurezza per le sementi conciate, sino a quelle che regolano la proprietà intellettuale.

Nel caso l’agricoltore impieghi seme ufficialmente certificato, tutti questi aspetti sono automaticamente soddisfatti.

Il produttore avrà la certezza di operare nella piena legalità, così come l’evidenza che il materiale impiegato risponda a requisiti legislativi e agronomici minimi in termini di germinabilità, sanità e purezza varietale. Allo stesso modo, le confezioni di sementi, così come la documentazione che ne accompagna la commercializzazione, illustrano nel dettaglio la natura dell’eventuale concia applicata al seme, effettuata in ambiente industriale in condizioni professionali e controllate, così come le informazioni di sicurezza necessarie all’agricoltore nel momento in cui apre le confezioni e ne utilizza il contenuto. Anche per quanto riguarda eventuali titoli di proprietà intellettuale, il seme certificato, una volta immesso in commercio, risulta già aver soddisfatto qualunque requisito in termini di autorizzazione da parte del costitutore e pertanto deve essere considerato legale e sicuro, escludendo l’agricoltore da ogni responsabilità derivante dal suo impiego.

Nel caso l’agricoltore opti per il “reimpiego aziendale”, utilizzando quindi la granella del raccolto coltivato nel corso della campagna precedente, per la nuova semina vi sono diversi aspetti e verifiche da condurre per evitare brutte sorprese.

“Vero reimpiego”

Il reimpiego è ammesso e possibile, purché si operi correttamente: deve, cioè, trattarsi solo e soltanto dell’utilizzo da parte dell’agricoltore del raccolto ottenuto dalla propria azienda. Utilizzare granella (dunque seme non certificato) proveniente da altre fonti, per finalità di semina, configura forme di compravendita che, anche senza compenso, violano le disposizioni del testo unico sementi e di conseguenza sono perseguibili.

Preparazione del seme e concia

L’agricoltore può preparare in autonomia il seme da reimpiegare presso la propria azienda, così come rivolgersi a figure terze che propongono tali servizi direttamente a domicilio, i cosiddetti “selezionatori mobili”. Queste figure, che operano in forma di contoterzismo, ai sensi del DM 3 agosto 2018 (pubblicato sulla G.U n. 215 del 15 settembre 2018) devono essere autorizzati a operare dal Servizio fitosanitario regionale così come devono notificare a quest’ultimo e ai servizi competenti per territorio in relazione all’azienda agricola ove viene effettuata la prestazione, nonché ai competenti uffici territoriali dell’ICQRF, almeno tre giorni lavorativi prima dell’inizio di ogni attività presso l’azienda agricola, il dettaglio delle operazioni che intendono ivi effettuare.

Naturalmente, anche queste figure devono conformarsi alle disposizioni impartite dal Servizio fitosanitario regionale e nazionale per quanto concerne la sanità dei materiali da propagazione.

Inoltre, per la completa sicurezza dell’agricoltore nel momento in cui maneggia le sementi conciate, egli ha il diritto di ricevere tutte le informazioni riguardo al fitofarmaco utilizzato: dall’autorizzazione per la specie in questione alle prescrizioni di sicurezza cui esso è soggetto.

Tutela varietale

Moltissime varietà in commercio godono di un titolo di tutela nazionale o comunitario (privativa). Nel caso dei cereali a paglia circa l’80% dei quantitativi ufficialmente certificati dal CREA-DC appartiene a varietà tutelate [1] . A seconda del titolo di protezione di cui ciascuna varietà gode e delle condizioni in cui il reimpiego di granella derivante dal raccolto di una varietà è realizzato, esso potrebbe non essere “free”, ma bensì soggetto al riconoscimento di una royalty, seppure ridotta, al costitutore. I costitutori o le figure delegate alla gestione dei diritti per conto di questi ultimi attuano indagini e verifiche per il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale.

Va da sé che qualunque omissione di dichiarazione al costitutore da parte dell’agricoltore in merito ai tempi, modi e volumi di granella reimpiegata costituisce violazione delle già menzionate norme, costringendo l’agricoltore ad un risarcimento. In particolar modo SICASOV, figura operante nel settore della raccolta royalties e membro della nostra Associazione, è già intervenuto sollecitando le autorità competenti (ICQRF) a svolgere controlli, raccolta di campioni ed irrogare eventuali sanzioni contro agricoltori che hanno omesso di effettuare le dichiarazioni di reimpiego ed omesso di corrispondere i pagamenti dovuti nei confronti dei costitutori, oltre al risarcimento dei danni patiti.

In sintesi, l’agricoltore è libero di operare utilizzando i mezzi tecnici che egli ritiene più idonei per la propria azienda. L’impiego di seme ufficialmente certificato tuttavia semplifica di molto la gestione rispetto all’utilizzo di granella aziendale le cui caratteristiche di germinabilità, purezza e sanità non sono note. Inoltre, nell’ambito di filiere chiuse e controllate, il seme certificato è sempre più spesso un prerequisito di tracciabilità che può essere sfruttato per distinguere e qualificare le proprie produzioni. Va ricordato anche che il mondo della trasformazione e dei consumatori apprezzano l’identità e la sanità dei prodotti che possono così diventare fattori determinanti per il prezzo.

Non dimentichiamo infine che il seme certificato consente di accedere agli aiuti PAC dal 2024 laddove vincolati all’impiego di questo mezzo tecnico.


[1] Fonte: Elaborazione ASSOSEMENTI su dati CREA-DC e CPVO, raccolto 2021

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